Convegno "Età evolutiva fra un prima e un dopo Covid" - Roma, 14 maggio 2022


Pubblicata il 16-05-2022

Sabato 14 maggio si è tenuto il convegno “Età evolutiva tra un prima e un dopo Covid”, nella suggestiva biblioteca del Seraphicum, durante il quale ogni intervento ha dato un prezioso contributo aprendo le porte a molte e importanti riflessioni.

Partendo dalle neuroscienze, dopo l’apertura dei lavori da parte del Preside Raffaele Di Muro, con il Professor Tarantino si è subito focalizzato sull’importanza che la scrittura a mano riveste sin dall’età infantile, soprattutto quella in corsivo. Essa è in grado di stimolare il nostro cervello, che necessita di input frequenti per restare in allenamento ed è fondamentale dare ai bambini il giusto esempio in tal senso, magari aprendo anche un buon libro anziché un tablet e far sì che essi ci imitino, per mezzo dei neuroni specchio, introiettando le nostre buone abitudini. Anche grazie alle moderne tecnologie, quali la P.E.T. (tomografia ad emissione di positroni) è stato possibile evidenziare la diversa attività cerebrale nei bambini durante la scrittura a mano e durante il semplice trascinamento del dito su uno schermo, con risultati positivi a favore della prima. Ricordiamoci, dunque, che chi legge – ma potremmo dire anche chi scrive –  non solo mantiene attiva la mente, ma vive due volte!

Proseguendo con la Professoressa Moretti, l’attenzione è passata alla fase adolescenziale, momento critico perché di passaggio e di crescita, chiedendosi cosa faccia soffrire i ragazzi che si trovano ad attraversarla. È stato interessante constatare che non ci sia una specifica causa alla base della tristezza che talvolta li travolge, ma che essi abbiano difficoltà a fronteggiare i cambiamenti psicofisici che li investono senza preavviso, disorientandoli. Tutto ciò, se unito alla difficoltà rappresentata dall’isolamento vissuto durante il lockdown, diventa ancora più insostenibile, portandoli, nelle peggiori delle ipotesi, a compiere gesti estremi. La scrittura dei ragazzi ce lo racconta, esprimendo tutto il loro disagio, timore, talvolta rabbia, richieste d’aiuto. Si deve considerare, infatti, che l’unico contatto con l’esterno durante l’isolamento sia stato il mondo digitale, assai diverso dalla realtà che, invece, “regala” frustrazioni cui essi non sono abituati. Come  reazione o, potremmo dire, come difesa, hanno creato in internet un’immagine diversa di sé e degli altri, una dimensione sicura. Si sono trovati, quindi, ad affrontare un “vuoto interiore”, un silenzio che li ha spaesati, costringendoli ad ascoltare se stessi ed il rumore delle proprie emozioni. Come aiutarli, dunque? Insegnando loro che proprio queste emozioni possono colorare la vita e che per poterle apprezzare si debba abbassare il volume di ciò che, invece, distoglie dalla propria crescita. Si deve spingerli ad avere coraggio nell’esplorare se stessi!

Proseguendo, la Professoressa Buonanno, insieme alla Professoressa Mistrorigo, partendo dal mito di Pigmalione e Galatea di Ovidio, ripreso dallo scrittore G. Bernard Shaw nella sua commedia omonima, hanno illustrato la centralità dell’importanza rivestita dalle aspettative in rapporti quali insegnante – alunno, ma non solo, tra coniugi, nonché tra genitori e figli. Il così detto “effetto pigmalione”, conosciuto anche come effetto Rosenthal, origina dagli studi classici sulla profezia che si auto avvera, secondo cui, ad una credenza su un soggetto, sia essa positiva o meno, seguono comportamenti, innescati anche inconsciamente, atti a confermarla. Se, quindi, un insegnante muoverà dalla convinzione che i suoi alunni siano particolarmente capaci, li tratterà promuovendo in essi buoni risultati, al contrario, favorirà, senza rendersene conto, risultati deludenti. È quindi chiaro quanto sia importante il ruolo della guida, in quanto essa stimolerà chi la segue ad attendere le sue aspettative. Vengono sempre corrisposte? Ovviamente non sempre, spesso infatti, ci si trova a rifiutare fermamente quel che si sente come intruso, distaccandosi da un modello, Pigmalione, che non si sente proprio, mettendo in atto comportamenti opposti ad esso -  andando a sfogliare le pagine di storia del nostro Paese potremo trovare curiosi aneddoti che ce lo confermano! Com’è facilmente immaginabile, le grafie dicono molto su come e quanto si sia interiorizzato il proprio mentore. Abbiamo potuto apprezzare la similitudine tra diversi scritti, in cui si comparava quella di insegnante e studente, genitore e figlio, concludendo che, laddove sentiamo nostro quel dato modello (considerando che ne abbiamo tanti quante sono state le nostre esperienze di vita), più o meno consapevolmente ci rifletteremo in esso e lo imiteremo per assomigliargli. È importante, dunque, attivare positivamente i ragazzi trasmettendo non solo nozioni, ma passione per ciò che si fa e fiducia in se stessi.

Con la Dott.sa Zauli si è affrontato il “quanto” la scrittura dei ragazzi racconti più della loro voce: essendo la grafia specchio del loro mondo interiore, delle loro emozioni, paure ed aspirazioni li delinea senza che debbano abbassare le difese, come avverrebbe, invece, in un colloquio. Un interessante strumento è “l’autocaratterizzazione” di G.A. Kelly, che consente di individuare nel soggetto (paziente) i costrutti che lo definiscono, la costruzione del mondo e quindi la struttura della propria problematica. Il suo utilizzo, infatti, oltre a fornire una descrizione di se stessi da parte dei ragazzi, rende fruibile la loro grafia, nonché la firma dei genitori -  apposta per i consensi laddove minorenni -  da cui poter trarre preziose indicazioni sul loro mondo interiore e su eventuali input familiari ricevuti durante la propria formazione come individui.

La Professoressa Conficoni ha, invece, strutturato il suo intervento toccando tre punti: l’età evolutiva, il disagio e resilienza. La prima è caratterizzata da modifiche e cambiamenti, dalla crescita in vista del conseguimento del proprio essere persona, dunque rappresenta uno step fondamentale, in cui tutto è mutevole. Il secondo si configura con il momento di crisi, in cui l’adolescente percepisce invadente la figura adulta, che si propone con le proprie domande nonché imponendo dei limiti. Proprio questi ultimi costituiscono un tassello importante: la loro assenza, infatti, lascia in balia delle incertezze che la fase adolescenziale presenta, l’eccesso penalizza, portando i giovani alla ribellione. Ma allora cosa fare? Dare i “giusti” no, che aiutano a crescere, che indichino la strada, lasciando il margine d’errore personale, errore che, se compreso, può illuminare su come proseguire nella propria corsa al futuro. E qui si arriva a toccare il terzo punto: la resilienza. Caratteristica fisica dei metalli, nella psicologia questo termine ha trovato un’interessante collocazione, in quanto ben descrive la capacità di sopportare uno stress e rispondere ad esso. È dunque nella flessibilità che i ragazzi possono trovare una grande risorsa, riuscendo ad adattarsi ad un mondo in cui sono presenti fattori di protezione e fattori di rischio, in tal modo, non verranno “spezzati” dalle inevitabili difficoltà che l’avvincente viaggio verso la propria maturazione offre! Il periodo della pandemia ha messo a dura prova tantissimi giovani, che, come si è visto da alcune scritture portate in esempio, hanno reagito in maniera diversa a seconda della propria rigidità e quindi di una maggiore o minore difficoltà a gestire le proprie emozioni, nonché la frustrazione generata dal lockdown.

Accendendo un faro sulla velocità a cui viaggia il mondo degli adolescenti di oggi, il Professor Saladini ha sottolineato come essa sia “un attimo dopo il quale tutto non sarà più lo stesso” e quanto ostico sia per i ragazzi stare al passo con i propri cambiamenti rapidissimi. Prendendo come spunto il libro “Gli sfiorati”, di Sandro Veronesi, ha dato un’interessante descrizione del caos che abita gli adolescenti negli anni critici e quanto la grafologia sia ad oggi, anche per i medici, uno strumento di indagine validissimo, che ha di gran lunga superato tecniche usate per anni in passato, come ad esempio l’MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory). Attualmente un importante dato rilevato è quello secondo cui i ragazzi siano diventati meno empatici, concentrati su se stessi affogano di continuo nel momento presente. Pur essendo costantemente connessi, semplicemente, non sono “collegati” con gli altri ad un livello più profondo e questo perché da uno schermo l’interazione, di cui l’uomo necessita come il pane, non è reale.

Proseguendo ancora, la Professoressa Zampieri ha illustrato, tramite quattro finestre immaginarie, la vita precedente alla pandemia, gli adolescenti, il mondo adulto e la crisi, quanto il Covid e le restrizioni che ha portato alle nostre vite, abbia avuto impatto sulla famiglia, sulle coppie e l’identità. Partendo proprio da un pre - pandemia, è stato descritto come il fluire della vita quotidiana ci trascinasse insieme a tutti i nodi che ci portavamo dietro, presi da ritmi frenetici e continue distrazioni. Eravamo ad uno stallo dinamico. Con la rivoluzione che il 2020 ha portato nelle nostre vite, tutto ciò che era fermo si è manifestato all’interno delle mura delle nostre case. Gli adolescenti, che affrontano una seconda nascita, si sono trovati in ritardo rispetto alla realtà, dovendo fronteggiare un tempo che sembrava dilatarsi, contrapposto alla propria crescita, veloce e difficile. Da qui l’importanza di essere accompagnati dagli adulti in questo percorso ad ostacoli alla fine del quale li aspetta un mondo diverso, quello dei “grandi” appunto, un mondo adulto che non è ancora pienamente accettato dentro di se. Spostando l’attenzione sul mondo delle persone ormai non più adolescenti, è stato interessante vedere come molte scritture evidenzino mancanza di stabilità e responsabilità,  esattamente come la si riscontra nei ragazzi, rappresentando per questi ultimi, dunque, un punto di riferimento instabile. Sono adulti, ma senza sentire se stessi come tali, riflettendo questa sorta di sdoppiamento anche nella coppia: alcune, infatti, sono classificate come coppie “aggregative”, in cui c’è maggior individualità dei singoli,  proiettati alla ricerca di emozioni forti, altre “generative”, orientate ad un progetto comune. È in crisi il concetto di “noità”. Ma allora, cosa poter fare per superare realmente tutto ciò che il nostro tempo, tra restrizioni ed isolamenti, ha messo in evidenza? Sfruttare ciò che proprio la crisi ci pone in esame: le domande. Rispondere a tutti i punti interrogativi rimasti sospesi, per creare una nuova attualità, una realtà migliore e diversa da quella in cui vagavamo prima della pandemia.

In ultimo, non per importanza, l’intervento della Professoressa Foroni, il cui fulcro è stato l’ascolto empatico. In cosa consiste? Nell’aprire mente e cuore sospendendo il giudizio, ponendosi in tal modo ad un livello di interazione più profonda, importantissima soprattutto con i più piccoli e con chi, vivendo l’adolescenza, non riesce a leggersi e quindi a comunicare in maniera chiara le proprie sensazioni e riflessioni. È però fondamentale mettersi in ascolto senza perdere i ruoli, al fine di assicurare un punto di riferimento saldo. Molto spesso un grido di aiuto è silenzioso, lo si può cogliere, dunque, solo riducendo l’eco che giudizi pregressi potrebbero avere nelle nostre valutazioni. Dalle grafie di ragazzi aventi differenti età portate in esempio è affiorato molto del loro disagio interiore, disagio che deve saper essere letto e accolto nella giusta maniera, soprattutto laddove lo scrivente manchi di figure che lo rendano sicuro, come chi vive nelle famiglie cosiddette disfunzionali. 

Da quanto emerso dalle relazioni esposte durante il convegno è necessario non solo sostenere, ma guidare, spronare ed ispirare gli adolescenti di oggi che, dietro l’aria di sfida, un po’ imbronciata o assente, hanno invece un coloratissimo mondo di emozioni che possono regalarci e regalare a se stessi, costruendo quella società che un po’ tutti ci aspettiamo finalmente di vedere.

Serena Giacobone
























 

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