Inaugurazione dell’anno accademico 2022-2023: prolusione di Mons. Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento


Pubblicata il 22-10-2022

Giovedì 20 ottobre presso la Sala Sisto V del Collegio Seraphicum si è svolta la cerimonia di inaugurazione del 119° anno accademico della Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura”.  L’incontro si è aperto con il saluto e il ringraziamento del preside, Padre Raffaele Di Muro, a tutti i presenti e in particolar modo al rettore della Pontificia Università Antonianum, Padre Agustín Hernández, e al vicerettore della Pontificia Università Gregoriana, Padre Giuseppe Di Luccio. Il preside ha definito questo incontro come un “momento di famiglia” in cui è presente tutta la comunità del Seraphicum e i frati delle altre case generalizie di Roma insieme con gli studenti e i professori delle due anime della facoltà, quella teologica e quella grafologica. Ha quindi presentato Monsignor Felice Accrocca, attualmente uno dei più importanti esperti di francescanesimo, che con i suoi scritti e il suo lavoro di divulgazione continua ad offrire la sua profonda conoscenza dei primordi dell’esperienza francescana per spaziare fino alla contemporaneità.  Dopo averlo ringraziato per aver accettato di insegnare quest’anno alla licenza di Francescanesimo della Facoltà nonostante i suoi tanti impegni come arcivescovo di Benevento, ha lasciato a lui la parola per una prolusione accademica sui contenuti francescani del magistero di Papa Francesco. Il noto francescanista ha subito evidenziato come già siano state tracciate sintesi sul forte legame del magistero dell’attuale Pontefice con l’intuizione di Francesco d’Assisi, e pertanto ha scelto di dare al suo discorso un taglio più riflessivo e parenetico a partire dal primo esplicito riferimento che il neoeletto Pontefice fece a San Francesco d’Assisi il 16 marzo del 2013 durante una conferenza stampa. Quel giorno, infatti, raccontò che durante il conclave, quando già dallo spoglio dei voti era certa la sua elezione, mentre lo scrutinio proseguiva, un cardinale gli disse di non dimenticarsi dei poveri, iniziò allora a pensare al Poverello d’Assisi e poi alle guerre, e di nuovo pensò a Francesco l’uomo di pace e custode del creato. E proprio di fronte ai giornalisti esclamò: Ah! Come vorrei una chiesa povera. Eliminato qualunque dubbio sul fatto che la scelta del nome del Pontefice gesuita potesse essere legato a qualche omonimo della Compagnia del Gesù, Monsignor Accrocca ha analizzato cinque aspetti del magistero di Papa Francesco che hanno diretta attinenza con la tradizione francescana. Il primo tema è quello della misericordia di cui il Papa ha parlato fin da subito per poi convocare nel 2015 il giubileo della misericordia. È un tema che i fedeli paradossalmente faticano ad accogliere. Come ben sottolinea Accrocca “i fedeli vogliono giustizia” e aggiunge “per gli altri”. Dio misericordioso sembra darci problemi. Quando si parla di un Dio che è misericordia ci sono molte resistenze, ma un francescano non deve dimenticare che tutto il carisma dei frati minori è iniziato da un “fare misericordia” come si evince dai primi tre versetti del Testamento di San Francesco. Le opere di Raoul Manselli e Giovanni Miccoli insistono molto su questi versetti, sull’incontro con i lebbrosi da cui tutto parte. Tutto parte da un fare misericordia come si desume dagli scritti di Francesco, basti pensare alla lettera a un Ministro, un vero e proprio canto di misericordia. Nella Regola non bollata l’unica penitenza richiesta a coloro che cadono è l’evangelico “va’ e non peccare più”, perché come ben sottolinea San Francesco per risollevare chi è caduto bisogna piegarsi per pietà e non giudicare stando ritti. La misericordia è centrale nel Vangelo e nella spiritualità francescana. Nella seconda lettera ai fedeli, Francesco invita sempre a giudicare con misericordia, perché solo chi non avrà usato misericordia sarà senza misericordia. Ovviamente la misericordia è un contenuto evangelico e non solo francescano, ma ha un peso indiscutibile nella tradizione francescana. È San Francesco stesso a raccontare che l’incontro con il lebbroso fu per lui l'evento decisivo. Possiamo dire che la sua conversione parte dal dolore degli uomini per arrivare al Cristo crocifisso, parafrasando un testo di Raoul Manselli. Un altro tema che possiamo dire francescano e che sta a cuore a Papa Francesco è la denuncia della cultura dello scarto. Per Francesco d’Assisi, attraverso l’incontro con i lebbrosi, l'amaro diventa dolce, inizia a cercare ciò che prima fuggiva, ciò che non aveva valore diventa centrale e ciò che era centrale perde valore. Se prima viveva nella logica dei titoli ed era un uomo di guerra, ora cambia radicalmente i criteri di giudizio. Nella Regola non bollata inviterà i frati a vivere tra persone di poco conto, tra gli scarti. E per tutta la vita dovrà convertirsi alla logica del Cristo scartato, come ben dimostra un episodio della Compilatio Assisiensis in cui si racconta come ancora nel 1221 dopo aver involontariamente mancato di sensibilità verso un lebbroso, vorrà restituirgli dignità mangiando con lui. Nel giugno del 2015, Papa Francesco pubblica la Laudato sì che ci introduce al terzo tema. È un’enciclica che è stata criticata da alcuni per l’argomento, come se non fosse di competenza della Chiesa, denotando però la grande ignoranza di chi dicendo di rifarsi alla tradizione della Chiesa resta ancorato al modello ecclesiologico del Concilio Vaticano I che certamente non esaurisce duemila anni di storia della Chiesa. Papa Francesco riprende in questo documento alcuni elementi: la consapevolezza che il creato porta impressa l'orma del Creatore e che l'uomo non è Dio, ma che tuttavia la creazione è stata affidata all’uomo perché la custodisca. In questa sensibilità verso il creato, il francescanesimo c'è dentro con tutte le scarpe, ma c’è anche la rivelazione basti pensare come la Sacra Scrittura dal libro della Genesi all’Apocalisse ponga l’uomo nella creazione e non sopra di essa come un despota sfruttatore. San Francesco è in linea con questa rivelazione con il suo Cantico di Frate Sole, che riprende il cantico dei tre giovani contenuto nel libro del profeta Daniele, e attesta il suo rammarico nel notare che le creature inanimate lodano Dio meglio dell’uomo. Il grido del Papa, quindi, ha le sue ragioni che sono pienamente teologiche e francescane. Il quarto tema è introdotto da Papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti citando un’espressione contenuta nella VI ammonizione di Francesco d’Assisi e presente nei suoi scritti almeno dieci volte. Dio è Padre di tutti, ma se diciamo che siamo tutti fratelli per alcuni è una forma di cedimento, il Papa viene accusato di tendere al relativismo. Eppure, la Bibbia è chiara; Gesù stesso dice che c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro (Lc 4, 25-27); l’Epifania del Signore avviene davanti a tre pagani.  Se Dio è padre di tutti, siamo tutti fratelli.  Avere lo stesso Padre crea la relazione tra noi, un vincolo indissolubile ci lega, volenti o nolenti. Oltre ad essere un dato della rivelazione, è anche un tema francescano perché i due polmoni di tutta la tradizione francescana sono proprio la minorità e la fraternità. Infine, il quinto tema francescano del magistero di Papa Francesco è quello della pace. Ne parlò nel già citato primo incontro con i giornalisti dopo la sua elezione, ma lo esplicitò chiaramente nell’omelia durante la messa nel giorno di San Francesco del 2013 ad Assisi, quando disse: La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. Le parole del Papa sono confermate da una cronaca di Tommaso da Spalato, che studente a Bologna nel ‘200, ascoltò una predicazione di Francesco d’Assisi “che aveva tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace”. Mostrando la sua chiara sensibilità pastorale, Monsignor Felice Accrocca ha terminato il suo intervento chiedendo ai presenti di fermarsi qualche secondo a meditare in silenzio su queste cinque tematiche: la misericordia, i poveri e lo scarto, i rapporti e l’armonia con il creato, la fraternità, l’impegno per la pace. Non possiamo non ringraziarlo per le sue profonde e edificanti parole e accogliamo il suo invito affinché ciascuno lavori a “sminare il proprio cuore” confrontandoci con gli insegnamenti del magistero di Papa Francesco e lasciandoci interpellare da essi.

 

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